Follina. Noten von Kultur, Geschichte und Aromen


Follina è adagiata ai piedi del versante meridionale delle Prealpi bellunesi, di fronte all’ampia valle del fiume Soligo, a metà strada tra Vittorio Veneto e Valdobbiadene, ad una altitudine di 200 mt s.l.m. La vallata che accoglie Follina dà vita ad un paesaggio verde, incantevole e vario. Il toponimo “Follina” è strettamente legato alla lavorazione dei pannilana, che fin dall’epoca remota, forse preromana, si esercitava in loco. Proprio i folli diedero il nome anche al piccolo fiume da cui erano azionati. In epoca preistorica la presenza umana è testimoniata da ritrovamenti di manufatti risalenti al Neolitico con una discreta quantità di reperti: cuspidi, frecce, raschiatoi, una fornace dell’età del ferro con relativi cocci e vasi e la presenza di un ramo secondario della Claudia Augusta Altinate.

L’importanza storica di Follina è legata sopratutto al monastero di Santa Maria, fondazione Benedettina alto mediovale dipendente dal monastero di S. Fermo di Verona, divenuto poi cistercense. I monaci introdussero la lavorazione della lana, e per Follina si aprì un florido periodo durante il quale il complesso abbaziale fu edificato nelle forme che oggi conosciamo e divenne un centro di rinascita religiosa, di lavoro manuale e di migliorie agrarie. Verso la metà del Settecento, Follina era una cittadina in pieno sviluppo industriale: vi erano cinque importanti lanifici e quattro filande per la seta; la mano d’opera impiegata superava le mille unità e per migliorare la produzione locale giunsero dall’Inghilterra nuove tecniche di lavorazione.

Le difficili condizioni di lavoro e la diffusa solidarietà della classe operaia, portarono nel 1865 alla nascita della “Società operaia di Mutuo Soccorso e Istruzione”, la prima in Provinz Treviso. Il settore tessile ebbe primaria importanza fino alla Prima Guerra Mondiale, durante la quale il paese fu duramente provato dall’occupazione delle truppe Austro-Ungariche, dalla carestia e dalla fame. Oggi, soltanto il lanificio Paoletti continua l’antica tradizione della tessitura della lana con tutto il ciclo produttivo, le altre attività si uniformano al “modello veneto”, con diversi piccoli e medi insediamenti produttivi, soprattutto nel settore del mobile. L’abbazia, restituita alle sobrie linee originali grazie all’accurato restauro condotto dall’ing.

Forlatti dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, rappresenta l’elemento di maggiore interesse. Eretta in epoca Cistercense nel 1305-1335, su una precedente edificazione benedettina nel XII sc., l’attuale basilica presenta la tipica costruzione a pianta latina con la facciata rivolta a ponente e l’abside rivolta a levante secondo i canoni dell’architettura cistercense. I secoli di maggiore splendore sono il XIII e il XIV, durante i quali si delineò nell’aspetto attuale l’abitato monastico, il chiostro e la chiesa, importante esempio di architettura tardo-romana presente nella Marca Trevigiana. I monaci Cistercensi vennero allontanati nel 1448 dal governo della Serenissima e venne istituita una commenda. Il vescovo di Ceneda Pietro Leone nel 1464 consacra la chiesa abbaziale, lo ricorda una lapide posta in chiesa situata sopra la porta che conduce in sacrestia. L’abate commendatario, l’Arcivescovo di Cipro, Livio Podacataro erige a sud-est del monastero il “Chiostrino dell’Abate”, elegante loggetta del XVI sec., caratterizzata da arcatelle a tutto sesto, sostenute da colonnine in pietra con una leggera entasi e capitelli ionici. Nel 1771, dopo una breve permanenza dei monaci Calmaldolesi, e con l’acquisizione degli edifici conventuali da parte di privati, purtroppo ebbe inizio un progressivo decadimento del complesso abbaziale, in particolare modo il chiostro, deturpato con l’occlusione delle colonne per ricavarne abitazioni.

Con l’arrivo a Follina delle Comunità dei Servi di Maria nel 1915, il priore Anacleto Milani ebbe l’impegno di riportare l’intero complesso manastico all’antico splendore. La facciata della chiesa è romanica con influssi gotici, al centro il grande rosone, dono della Serenissima, è affiancato da due lesene e da lunghe finestre. All’interno della basilica sono di stile neogotico copia perfetta dell’originale presente nella chiesa di S. Zaccaria di Venezia, che accoglie la millenaria statua in pietra grigia della Madonna del Sacro Calic, meta di pellegrinaggio di migliaia di fedeli.


La basilica


La costruzione della chiesa attuale iniziò nel 1305 all’epoca dell’abate Gualtiero da Lodi e si concluse con l’abate Nordio da Treviso nel 1335. È orientata con l’abside a levante e la facciata a ponente secondo i canoni dell’architettura religiosa, in particolare cistercense; meravigliosa nella sua semplicità, è quasi interamente in pietra, si compone di tre navate scandite in cinque campate con taglio strutturale gotico. L’ impianto della chiesa è a croce latina e misura 45 mt di lunghezza, 20 mt di larghezza e 16 mt di altezza. La facciata è a “salienti”. altri oratori: In località omonima, a Ovest, San Clemente un piccolo oratorio con pala del 1684. L’oratorio di San Tomìo più a Nord verso Miane. Verso Cison, lungo la via omonima, l’oratorio di San Giacomo. A La Bella, si trova il piccolo oratorio dei Santi Pietro e Paolo inserito in un complesso residenziale del 1700. In località Col vi è la graziosa chiesetta di Sant’Antonio. Valmareno ospita la chiesetta dedicata a S. Lorenzo, di recente restaurata. A Pedeguarda nella via omonima vi è la chiesetta dedicata a S. Nicolò e più sopra il piccolo tempietto di S.Gaetano (in rovina) a Nord del Tempier.